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Domenica, 31 Agosto 2014 05:18

Intervista con Gabriele Lima

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nuovo giocatore del Pozo Murcia: “L’Italia mi ha fatto crescere come uomo e atleta.

Vado in uno dei club migliori del mondo ma non lascio la Nazionale”

 

Il fuoriclasse capitano della Nazionale Italiana Campione d’Europa si prepara a vivere una nuova avventura nella Liga Spagnola, con una società che vuole vincere tutto: “Il Pozo vuole interrompere il digiuno: avventura stimolante”

Murcia (Spagna) – Ne è passata di acqua sotto i ponti dal lontano 2005, quando un ambizioso e smaliziato ragazzino poco più che diciottenne faceva il suo debutto in Nazionale Under 21 a Conversano, lasciando tutti a bocca aperta per la naturalezza con cui si era inserito nei meccanismi degli azzurrini. Gabriel Lima da allora di strada ne ha fatta tanta, un predestinato si diceva, che ha avuto il merito di non montarsi mai la testa, anzi. Nel Belpaese ha fatto le fortune di Aosta, Marca, Arzignano e Asti, oltre ovviamente ad un cammino in maglia azzurra che l’ha portato qualche mese fa ad alzare la Coppa Europa al cielo con la fascia di capitano al braccio. Un onore che nella storia del futsal italiano era capitato solo a Salvatore Zaffiro a Caserta nel 2003. Sulle doti di questo ragazzino dal viso pulito e dalla straordinaria umiltà nessuno ha mai avuto dubbi, ma proprio le aspettative che il mondo del futsal avevano nei suoi confronti avrebbero potuto pesare moltissimo nel suo percorso di crescita. Ma le sue doti tecniche e caratteriali, abbinate ad intelligenza e tanta determinazione, lo hanno portato a rispettare le attese: oggi è uno dei giocatori più forti del mondo, è il leader indiscusso della nazionale azzurra, e da pochi giorni ha iniziato la sua nuova avventura con la maglia di una delle squadre più forti e blasonate del mondo, il Pozo Murcia. Certo, da un lato il campionato italiano ha perso una delle sue stelle più luminose, ma dall’altro non si può negare che sarebbe stato davvero un crimine impedire a Gabriel di misurarsi coi più forti giocatori del mondo, nel campionato più competitivo del mondo. Con il fuoriclasse azzurro abbiamo voluto realizzare questa lunga intervista, nella quale ripercorriamo un percorso di quasi dieci anni che lo trasformato da ragazzino a uomo, da promessa a campione affermato.

Gabriel Lima, si chiude una parentesi importante della tua vita con il trasferimento al ElPozo Murcia. Ma io vorrei partire dall’inizio. Sei arrivato in Italia che eri poco più di un ragazzino: facciamo un passo indietro e dimmi quali erano le tue aspettative all’epoca?

“Ti dirò la verità: le aspettative quando sono arrivato ad Aosta nel 2004 erano prima di tutto di adattarmi alla vita lontano da casa mia, cosa non facile... E poi poter giocare in una prima squadra. Arrivavo dall'Under 16 in Brasile e poter giocare in prima squadra sarebbe stato già un grande traguardo. Poi ci sono riuscito e da lì è iniziata la mia carriera”.

Personalmente ho avuto il piacere di vederti all’opera nel tuo debutto in Nazionale Under 21 a Conversano, e già allora si vedeva che avevi stoffa. Qual è stato il tuo segreto per arrivare esattamente dove ti eri prefissato?

“Nella mia carriera mi sono sempre posto piccoli traguardi da raggiungere. Credo che immaginare e pianificare troppo il futuro ti porti a non vivere il presente nel modo giusto. Alla fine mi sono sempre sacrificato al massimo per salire piano piano uno scalino alla volta, cercando di non fare mai il passo più lungo della gamba. In ogni caso l'importante è avere sempre un obiettivo, in caso contrario è difficile trovare la motivazione giusta per il lavoro di ogni giorno”.

In Italia hai giocato con Aosta, Arzignano, Marca, Asti, tutte realtà molto diverse tra loro. Tracciamo un bilancio di ognuna di queste esperienze … Aosta è stata per te come una sorta di famiglia, visto che sei arrivato in Italia ancora minorenne. Quanto sono stati importanti per te e che ricordo porti delle persone che ti avevano accolto come un figlio?

“Innanzitutto devo molto all'Aosta perchè sono stati la mia prima "immagine" italiana. All'inizio è stata molto dura, e lì sono stati importanti gli amici veri che ho conosciuto in quel periodo e coi quali rimango tutt'ora in contatto. Alla fine sono diventati la mia seconda famiglia e mi hanno dato l'opportunità di farmi vedere in Italia per 3 anni (due in serie B e uno in serie A2)”.

Hai avuto una parentesi fatta di alti e bassi in Veneto, con Marca e Arzignano. Ti aspettavi di più?

“Dopo Aosta volevo giocare in serie A e mi hanno prestato alla Marca che era appena salita di categoria. La squadra trevigiana mi ha fatto esordire in serie A e per questo devo ringraziarli. Lì ho vissuto insieme a due portieri che sono diventati grandissimi amici (Kuromoto e Miraglia). Purtroppo in seguito ci sono stati problemi economici e ho scelto di andare via. L'estate successiva sono arrivato in prestito all'Arzignano, che era uno squadrone, e li ho imparato tantissimo lavorando con dei campioni veri e con Polido per la prima volta. Abbiamo vinto la Coppa Italia e a partire da gennaio abbiamo avuto i problemi che tutti conoscono. È stato un vero peccato perchè anche senza tranquillità economica per diversi mesi siamo arrivati all'ultimo secondo di gara 3 delle semifinali. Credo che se non ci fossero stati quei problemi avremmo potuto arrivare fino in fondo. Alla fine della stagione ero preoccupato, dopo 2 anni passati con seri problemi economici, ho pensato di rimanere in Brasile e anche di smettere con il Futsal ma alla fine mi è arrivata la chiamata dell'Asti appena salito dalla serie A2 e grazie a Dio ho accettato”.

L’ultima tappa prima del tuo sbarco in Spagna è stata appunto Asti. Un’esperienza importante dal punto di vista umano e sportivo che immagino ti abbia dato tanto. Cosa ti rimarrà dentro?

“All'inizio l’ho vissuta come una scommessa, ma subito ho capito che tipo di persone c’erano ad Asti: gente veramente per bene con le quali mi sono subito trovato bene. Dopo 5 anni, una Coppa Italia, una Winter Cup, un matrimonio e moltissimi amici, posso dire che sento Asti come casa mia”.

Apriamo un capitolo importante, la Nazionale. Sei stato capitano dell’Under 21 da giovanissimo, e da altrettanto giovane hai alzato la Coppa Europa al cielo con la Nazionale Maggiore. Iniziamo da questo: quanto importante è stata la maglia azzurra nel tuo percorso di crescita?

“La maglia azzurra è stata fondamentale nella mia vita. L'ho vestita per la prima volta al torneo di Conversano Under 21 nel luglio 2005 e tuttora la indosso con orgoglio. Essere in nazionale vuol dire che devi stare sempre al 100% con il tuo club per meritarti di rimanere dentro il gruppo. E una volta che sei in azzurro rappresenti tantissimi altri giocatori che non hanno la possibilità, e che magari vorrebbero, essere al tuo posto. Giocare a livello internazionale è sempre importante e mi ha dato una visibilità grandissima che mi ha sempre portato ottimi frutti”.

Un’emozione che ti chiedo di raccontarci è così hai provato quando hai alzato la Coppa di Campione d’Europa da capitano della Nazionale Azzurra?

“Quando ho alzato quella coppa ho capito che tutti gli sforzi e tutte le sconfitte vissute fino a quel momento avevano un significato. È stata una gioia immensa e una responsabilità unica. Ed era la conferma che un bel gruppo può raggiungere qualsiasi risultato”!

Tutti si chiedono: ora che giocherai in Spagna non vorrai mica mettere in secondo piano la nazionale azzurra?

“Assolutamente no! Non cambierà nulla. Giocare con la nazionale è diverso da tutto! Stare in raduno con i compagni è divertentissimo e mi manca tantissimo visto che dopo l'Europeo non abbiamo più avuto nessun appuntamento. Il calendario spagnolo creerà qualche problemino ma io voglio essere sempre a disposizione della nazionale”!

Adesso si apre una parentesi importantissima nella tua carriera da giocatore. Quello spagnolo è da sempre considerato come il campionato più importante del mondo. Ti senti pronto per confrontarti coi migliori?

“Dopo l'Europeo vinto credevo che fosse arrivato il momento giusto per cambiare campionato e provare a vedere come sarebbe qui in Spagna. La nazionale mi ha dato questa visibilità e ho avuto diverse chiamate dall’estero. Mi sentivo pronto per questo salto e volevo rimettermi in gioco. Non è stato per niente facile la decisione di lasciare l'Asti. Però dentro di me sapevo che era il momento giusto”.

Lasciare Asti non è stato facile, e so che avevi dichiarato che non te ne saresti mai andato se non proprio per la Spagna. Impossibile dire di no ad una delle società importanti del mondo come El Pozo Murcia, vero?

“Elpozo è una delle squadre storiche del Futsal mondiale e un’opportunità unica. Anche per la vita personale credo sarà importante perché mi permetterà di conoscere metodologie nuove, confrontarsi con grandissimi giocatori e ricominciare dal basso dovendo dimostrare tutto di nuovo. È un gran test di umiltà e pazienza e se lo passo crescerò moltissimo”. (chapeau ndr)

Per te inizia ora una nuova vita oltre che una nuova avventura sportiva. Con quali aspettative parti per questa nuova esperienza?

“Le aspettative sono assorbire tutte le nuove informazioni che non sono poche, imparare bene la lingua e piano piano dimostrare tutta la mia voglia di aiutare la squadra a tornare a vincere dei titoli”.

La tua nuova squadra parte da un secondo posto in campionato dopo la finale persa con l’Interviu Movistar di Velasco. L’obiettivo che ti ha chiesto la società è vendicare il ko e vincere il titolo?

“L'obiettivo qui è vincere. La squadra arriva sempre in finale e ultimamente non vince per un motivo o per l’altro. Non importa contro chi si vince, ma l'importante sarà tornare a alzare trofei. Non sarà facile ma lavoreremo sodo per questo”.

Una domanda prima di lasciarti però te la devo fare. Lasci l’Italia del calcio a 5, un movimento che negli ultimi dieci anni è molto cambiato. Dimmi tre cose di questo movimento che sono migliorate davvero e tre cose che si deve cercare tutti insieme di far crescere …

“Sul movimento italiano c’è da dire che è migliorata la quantità di partite che vanno in diretta televisiva, e anche il lavoro svolto con i piccoli atleti, organizzando campionati e camp per loro, ma apprezzo anche l'obbligo di depositare i contratti dei giocatori. Tre invece secondo me sono le cose da migliorare: la serietà dei dirigenti e proprietari delle squadre, maggiore chiarezza e onestà a riguardo della sfera economica, e soprattutto sanzioni chiare e serie alle squadre che mollano a metà dell'opera”.

Ti lascio ora campo libero per rivolgere un pensiero a chi vuoi…

“Vorrei ringraziare pubblicamente la Divisione e il presidente Tonelli per l'appoggio alla mia iniziativa benefica in Brasile che è stata spettacolare. Possiamo realmente aiutare dei bambini e le loro famiglie”!

Insomma, siamo davvero ai saluti, ma non si tratta certo di un addio, anzi, proprio la sua volontà è quella di essere ancora e sempre una componente chiave della nazionale azzurra del presente e del futuro. In ogni caso va detto che ci sono pochi giocatori che rivestono un’importanza così rilevante non solo per un club, un campionato, ma proprio per l’intero movimento mondiale, e Gabriel è uno di questi.

A lui vada il più grande in bocca al lupo per questa nuova avventura iberica da parte di tutte le componenti del futsal italiano, con la speranza di poter rivedere nuovamente il suo sorriso e la sua gioia nell’alzare al cielo un altro trofeo, stavolta magari Mondiale… Buena suerte, campèon! Nicola Ciatti

ILPIPPOCALCIO Red-azione

 

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